Idee per una scuola viva

 

 

 

 

 

 

Altrostudio

è un sito che si propone, nei limiti del tempo che può dedicargli il suo autore, di essere un luogo dove trovare dispense e materiali di studio su argomenti prevalentemente di Disegno e Storia dell'Arte, materia insegnata nei licei scientifici. Vi si troveranno anche spunti su argomenti di altre materie o campi culturali, ad esempio sulla grafica digitale.

 

Nonostante i contenuti proposti siano molto limitati, questo spazio web ha l'ambizione di voler seguire un approccio fresco e se possibile piacevole allo studio, con metodi didattici improntati a uno spirito coinvolgente e diretto, lontano da tecnicismi e gerghi professionali, considerando temi e problemi, almeno dove possibile, con passione, arguzia e, perché no, anche con un pizzico di sano umorismo.
Qui, per esempio, non si parlerà acriticamente di "didattica delle competenze" o di altre pietanze indigeste, delle quali si nutrono spesso avidamente i documenti di programmazione scolastica.

Stieglitz: ritratto di Giorgia O'Keefe

Sembra quasi che in certi documenti si dimentichi come la scuola sia soprattutto un incontro tra persone vive, in cui ciascuno porta un po' delle proprie aspirazioni e frustrazioni, che nel profondo lo condizionano. Le frustrazioni, poi, le piccole e grandi insoddisfazioni che avvertiamo in noi, non vanno disprezzate: occorre saperle ascoltare e capire, traendone l'attitudine a misurare quanto ci siamo allontanati dall'ispirazione originaria, quella che un bel giorno ci ha fatto arrivare nel posto che occupiamo.

 

A volte però non si è veramente scelto dove ci accade attualmente di vivere, ma altri hanno scelto per noi o più banalmente sono stati l'ambiente in cui viviamo, gli amici, le conoscenze e le occasioni che ci hanno portato, per forza imprevedibile degli eventi, a trovarci dietro un banco o una cattedra. Spesso non mancherebbero neanche l'intuizione, la preparazione e l'attitudine speculativa adeguate per trovare un senso in ciò che facciamo, ma il fatto è che rubrichiamo tale confusa e intima ricerca di senso a un inutile fantasticare, convincendoci che l'unico movente del nostro rapporto con la cultura debba prudentemente essere strumentale.

 

Magritte

Per amare la matematica non è sufficiente considerarla condizione necessaria per riuscire bene nei test di ammissione all'università, né per l'Italiano che sia la chiave del successo per presentarsi in pubblico o per l'Inglese il far colpo in un colloquio di lavoro.

 

Per essere motivati nello studio non basta assegnare alla formazione culturale un valore strumentale, come le pressioni continue in questa direzione vorrebbero, sollecitazioni che ci giungono da parte dell'ambiente culturale, della famiglia, dei media, delle stesse istituzioni, che considerano la cultura soprattutto un mezzo e, molto più raramente, un fine. La formazione diventa allora una palestra di vita che cerca l’efficienza, in cui la questione del nostro piacere, della felicità di scoprire in sé qualcosa che prima ci era oscuro è del tutto secondaria, quanto primario è invece stringere i denti in vista di obiettivi per i quali si sacrifica tutto, che sono poi il successo, i soldi, la notorietà, un posto di lavoro.. o, in tono minore, anche e semplicemente entrare all'università.

 

Egon Schiele Obiettivi rispettabili, seri, dignitosi, che ciascun genitore desidera per i propri figli, ma ancora privi di quella luce senza la quale lo studio rimane un oscuro compito, davanti al quale ciò che noi autenticamente siamo rimane drammaticamente lontano. In realtà tale dramma, dopo un po', non viene neanche più percepito come tale, e si diventa infine un po' tutti degli "impiegati dell'essere", dei funzionari e amministratori -anche ottimi- della propria vita, così come si può esserlo di un condominio o, più semplicemente, di una bancarella al mercato. Subentra allora un vivere alla giornata, nel quale timbriamo, come degli impiegati, il cartellino delle ore che scorrono tutte uguali, delle materie da studiare, degli adempimenti e delle riunioni alle quali partecipare.

 

Codesto solo oggi possiamo dirti,

 

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Queste parole da "Ossi di Seppia" di Eugenio Montale,

dovrebbero rappresentare quell'interrogazione alla propria coscienza che è impegno a non accontentarsi mai, ad accorgersi continuamente che non è mai colmabile la divaricazione, la differenza tra i ruoli e le maschere che la società ritaglia per noi e l'identità che invece attribuiamo al nostro Io. Magritte: 'Gli amanti'

 

Affermare oggi il principio dell'irriducibilità del soggetto, di un essere nel mondo che non è mai piegabile ai fini dell'organizzazione o alle necessità del tempo, all'economia o all'utilizzo pratico delle sue risorse può apparire utopistico o pateticamente datato.

L'uomo, però, è molto più di una "risorsa umana" : un'espressione del linguaggio da azienda, usata purtroppo anche nell'ambiente scolastico.

 

Adorno chiamò "dialettica negativa" quell'attitudine del pensiero critico che non si accontenta dell'esistente e non confonde il reale con le sue razionalizzazioni parziali, poiché "reale" e "razionale" sono due termini che non coincidono mai, pena la confusione dei fini e la perdita della libertà di determinarsi.

Se anche non si può ignorare, nell'ambiente di studio o di lavoro, quali sono le proprie responsabilità, non sono queste che possono ultimamente appagare, né essere il centro profondo dell'identità. Il nostro compito non è assecondare un'organizzazione, essere organici ad un sistema o assecondarne l'ideologia, ma pur nella coscienza dei nostri limiti dare una voce a come ci percepiamo e a quanto vorremmo dire o essere, poiché quella voce è il grido della nostra libertà.

 

L'ambiente scolastico dovrebbe invitare a esistere e a muoversi nel mondo animati da uno scopo o da ideali che non si riducano alla messa a punto di abilità spendibili nel mondo del lavoro, né a dare soddisfazione a "direttive europee" o, nel piccolo della propria famiglia, a obiettivi che altri hanno già predeterminato per noi. MagritteI momenti educativi sono incontri di individui, dunque di libertà individuali, della "mia libertà" e della "tua", di un "me" e di un "te", ben sapendo che nessuno può essere costretto a perseguire un "bene" che altri hanno già confezionato. È in questo che consiste il rischio educativo, ma non correrlo è perdere un po' della nostra umanità e sostituirla con la tecnica, la dittatura del metodo.

 

"Grazie all'atto di cultura, io mi insedio in vite che non sono le mie, le confronto, manifesto l'una all'altra, le rendo compossibili in un ordine di verità, mi faccio responsabile di tutte, suscito una vita universale, così come d'un tratto mi insedio nello spazio grazie alla presenza vivente e densa del mio corpo."

 

(Maurice Merleau-Ponty , "Segni. Il linguaggio indiretto e le voci del silenzio")

 

In questa considerazione dell'irriducibilità dell'altro

si afferma un principio che è essenzialmente umanistico, di un umanesimo integrale come aspirazione alla totalità dell'esperienza, nella quale non soltanto una parte di noi è chiamata in causa, ma tutto il nostro essere. Contro la difficile -quasi impossibile- epistemologia di certe ultime mode scolastiche, che rinviano al "successo formativo" Egono Schiele(una manipolazione di pensiero che andrebbe discussa) si deve considerare che l'individuo -ogni individuo- ha bisogno di un senso che vada oltre l'uso che egli farà della sua cultura, oltre l'omologazione tecnicistica dei programmi, oltre l'amministrazione efficiente della propria vita personale. Per questo occorre che la parola si faccia viva, che vada oltre l'uso e lo scopo pratico che burocraticamente la giustificano.

 

Ciò che vogliamo essere non è davanti a noi, fuori di ogni sentimento, come una pura aspirazione pratica, ma "(...) l'eccedenza di ciò che viviamo su ciò che è già stato detto. Noi ci insediamo, con il nostro apparato espressivo, in una situazione alla quale esso è sensibile, lo confrontiamo con questa situazione e i nostri enunciati non sono che il bilancio finale di tali scambi."

 

(Maurice Merleau-Ponty)

 

Ecco: "eccedenza di ciò che viviamo su ciò che è già stato detto"... così appunto dovrebbe essere l'incontro con la cultura, che è poi quello con la vita, prima di tutto con la nostra... Magritte, 'La battaglia delle Argonne'Alla fine ciò che si è rivelato decisivo per la nostra formazione ha preso corpo, come chi è più grande spesso ricorda con emozione, in un incontro con una persona che per noi ha dato volto a una disciplina o a un metodo, forse alla nobiltà della cultura stessa. Quasi mai la disciplina, il metodo, la cultura in sé si impongono per pura forza interna, ma occorre, perché questo accada, un'umanità piena con cui confrontarsi... o scontrarsi se è il caso, ma anche così ce ne viene impresso un segno indelebile.

 

Andrea Guaraldo

 

 

 

P.S. - Sul numero di Repubblica del 20 settembre 2013 è stato pubblicato un articolo che condivido. Ne riporto uno stralcio:

 

"Da ragazzo frequentavo alla fine degli anni Settanta le aule disadorne di un Istituto agrario specializzato in coltivazione di serre calde situato nell'estrema periferia di Milano. Alcuni dei miei compagni finirono sperduti in India, altri costeggiarono pericolosamente il terrorismo, altri ancora sono stati ammazzati dalla droga. Eravamo in quell'Istituto un manipolo di cause perse. Cosa mi salvò se non un'ora di lezione, se non una giovane professoressa di lettere di nome Giulia Terzaghi che entrò in aula stretta in un tailleur grigio rigorosissimo parlandoci di poeti con una passione a noi sconosciuta? Vermeer, 'La ragazza dall'orecchino di perla' Cosa mi salvò se non un'ora di lezione? Se non quella passione sconosciuta che Giulia sapeva incarnare? Questa storia non è solo la mia ma è la storia di molti. Cosa ci salvò se non quel desiderio di sapere che si propagava dalla forza della parola dell'insegnante capace di scuoterci dal sonno? Non è forse questo quello che la scuola burocratizzata della valutazione e della informatizzazione sospinta rischia di dimenticare? Nonè forse l'ora di lezione che può rimettere in movimento le vite scuotendole dall'inerzia di un sapere proposto solo come un oggetto morto? Auguro a tutti gli studenti di ogni ordine e grado di incontrare la loro Giulia."

 

Massimo Recalcati

 



 



 

 

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