Nonostante i contenuti proposti siano molto limitati, questo spazio web ha l'ambizione di voler seguire un approccio fresco e se possibile piacevole allo studio, con metodi didattici improntati a uno spirito coinvolgente e diretto, lontano da tecnicismi e gerghi professionali, considerando temi e problemi, almeno dove possibile, con passione, arguzia e, perché no, anche con un pizzico di sano umorismo. 
A volte però non si è veramente scelto dove ci accade attualmente di vivere, ma altri hanno scelto per noi o più banalmente sono stati l'ambiente in cui viviamo, gli amici, le conoscenze e le occasioni che ci hanno portato, per forza imprevedibile degli eventi, a trovarci dietro un banco o una cattedra. Spesso non mancherebbero neanche l'intuizione, la preparazione e l'attitudine speculativa adeguate per trovare un senso in ciò che facciamo, ma il fatto è che rubrichiamo tale confusa e intima ricerca di senso a un inutile fantasticare, convincendoci che l'unico movente del nostro rapporto con la cultura debba prudentemente essere strumentale. 
 
Per essere motivati nello studio non basta assegnare alla formazione culturale un valore strumentale, come le pressioni continue in questa direzione vorrebbero, sollecitazioni che ci giungono da parte dell'ambiente culturale, della famiglia, dei media, delle stesse istituzioni, che considerano la cultura soprattutto un mezzo e, molto più raramente, un fine. La formazione diventa allora una palestra di vita che cerca l’efficienza, in cui la questione del nostro piacere, della felicità di scoprire in sé qualcosa che prima ci era oscuro è del tutto secondaria, quanto primario è invece stringere i denti in vista di obiettivi per i quali si sacrifica tutto, che sono poi il successo, i soldi, la notorietà, un posto di lavoro.. o, in tono minore, anche e semplicemente entrare all'università. 
 
Codesto solo oggi possiamo dirti, 
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. 
Affermare oggi il principio dell'irriducibilità del soggetto, di un essere nel mondo che non è mai piegabile ai fini dell'organizzazione o alle necessità del tempo, all'economia o all'utilizzo pratico delle sue risorse può apparire utopistico o pateticamente datato.L'uomo, però, è molto più di una "risorsa umana" : un'espressione del linguaggio da azienda, usata purtroppo anche nell'ambiente scolastico.
 
Adorno chiamò "dialettica negativa" quell'attitudine del pensiero critico che non si accontenta dell'esistente e non confonde il reale con le sue razionalizzazioni parziali, poiché "reale" e "razionale" sono due termini che non coincidono mai, pena la confusione dei fini e la perdita della libertà di determinarsi. Se anche non si può ignorare, nell'ambiente di studio o di lavoro, quali sono le proprie responsabilità, non sono queste che possono ultimamente appagare, né essere il centro profondo dell'identità. Il nostro compito non è assecondare un'organizzazione, essere organici ad un sistema o assecondarne l'ideologia, ma pur nella coscienza dei nostri limiti dare una voce a come ci percepiamo e a quanto vorremmo dire o essere, poiché quella voce è il grido della nostra libertà. 
L'ambiente scolastico dovrebbe invitare a esistere e a muoversi nel mondo animati da uno scopo o da ideali che non si riducano alla messa a punto di abilità spendibili nel mondo del lavoro, né a dare soddisfazione a "direttive europee" o, nel piccolo della propria famiglia, a obiettivi che altri hanno già predeterminato per noi. 
"Grazie all'atto di cultura, io mi insedio in vite che non sono le mie, le confronto, manifesto l'una all'altra, le rendo compossibili in un ordine di verità, mi faccio responsabile di tutte, suscito una vita universale, così come d'un tratto mi insedio nello spazio grazie alla presenza vivente e densa del mio corpo." 
(Maurice Merleau-Ponty , "Segni. Il linguaggio indiretto e le voci del silenzio") 
 
Ciò che vogliamo essere non è davanti a noi, fuori di ogni sentimento, come una pura aspirazione pratica, ma "(...) l'eccedenza di ciò che viviamo su ciò che è già stato detto. Noi ci insediamo, con il nostro apparato espressivo, in una situazione alla quale esso è sensibile, lo confrontiamo con questa situazione e i nostri enunciati non sono che il bilancio finale di tali scambi." 
(Maurice Merleau-Ponty) 
Ecco: "eccedenza di ciò che viviamo su ciò che è già stato detto"... così appunto dovrebbe essere l'incontro con la cultura, che è poi quello con la vita, prima di tutto con la nostra... 
Andrea Guaraldo 
 
 
P.S. - Sul numero di Repubblica del 20 settembre 2013 è stato pubblicato un articolo che condivido. Ne riporto uno stralcio: 
"Da ragazzo frequentavo alla fine degli anni Settanta le aule disadorne di un Istituto agrario specializzato in coltivazione di serre calde situato nell'estrema periferia di Milano. Alcuni dei miei compagni finirono sperduti in India, altri costeggiarono pericolosamente il terrorismo, altri ancora sono stati ammazzati dalla droga. Eravamo in quell'Istituto un manipolo di cause perse. Cosa mi salvò se non un'ora di lezione, se non una giovane professoressa di lettere di nome Giulia Terzaghi che entrò in aula stretta in un tailleur grigio rigorosissimo parlandoci di poeti con una passione a noi sconosciuta? 
Massimo Recalcati